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Home Aggiornamento L’obesità apre la porta al diabete
  • Aggiornamento

L’obesità apre la porta al diabete

Il corpo umano è il risultato dell’associazione di tessuti diversi con caratteristiche e funzioni differenti tra loro, ma parimenti importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo. Tra questi tessuti vi è quello adiposo, ossia il grasso, che, al contrario di ciò che comunemente si pensa, è un tessuto la cui presenza è fondamentale per garantire la sopravvivenza dell’essere umano (basti pensare al suo ruolo di immagazzinamento delle risorse energetiche, al ruolo di sostegno e protezione degli altri elementi del corpo, al suo ruolo nel complesso e affascinante mondo ormonale, funzionalità riproduttiva compresa…) ma, come tutti gli altri tessuti, elementi, fluidi e cellule del nostro corpo, anche il tessuto adiposo, per svolgere correttamente le sue funzioni, deve essere presente in una ben determinata proporzione, né più bassa né, tanto meno, più alta, in relazione ad età, sesso e statura, pena un’alterazione degli equilibri dell’organismo e dello stato di salute dell’individuo. Una predominanza della massa grassa sulla magra (tessuto muscolare) definisce le condizioni di sovrappeso e obesità. Esistono vari metodi per definire e classificare queste due condizioni ma il migliore, riconosciuto a livello mondiale ed  adottato dalla World Health Organization (WHO), ossia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è quello del Body Mass Index (BMI Indice di Massa Corporea),  calcolato come il peso espresso in chilogrammi diviso il quadrato dell’altezza espressa in metri. Secondo tale sistema l’obesità è definita come BMI ≥ 30 kg/m2; in particolare con un BMI da 30,0 a 34,9 è definita l’obesità di I grado, ovvero moderata, con un BMI da 35,0 a 39,9 un obesità di II grado, ossia severa e con un BMI≥40,0 un’obesità di III grado o grave.
Un BMI compreso tra 25,0 e 29,9 kg/m2, invece, definisce  il sovrappeso; il range di normalità è compreso tra 18,5 e 24,9 mentre un BMI≤18,5 indica la condizione di sottopeso.
Nel mondo l’eccesso di peso ha raggiunto proporzioni epidemiche con più di un miliardo di adulti di tutte le classi di età e socioeconomiche in sovrappeso, di cui almeno trecento milioni clinicamente obesi.
Dal 1980 in molte aree del Nord America, del Regno Unito, dell’Europa, dell’Australia e della Cina il tasso di obesità è triplicato e tale fenomeno non è limitato alle sole società industrializzate ma è spesso maggiore nei Paesi in via di sviluppo. Livelli di BMI tra 25 e 27 kg/m2 sono prevalenti nel Nord America,  in Europa e in alcune regioni Latino Americane, nel Nord Africa e nelle Isole del Pacifico, soprattutto nella fascia d’età medio-avanzata. Il tasso di obesità è circa del 5% in Cina, Giappone e in alcune regioni dell’Africa ma supera il 75% nelle regioni urbane di Samoa. Questi dati sono ancora più sconcertanti se si pensa che in alcune aree l’obesità è già epidemica nell’infanzia, con circa 17,6 milioni di bambini sotto i cinque anni in sovrappeso. In Europa la prevalenza dell’obesità (=percentuale di obesi nella popolazione generale) è del 10-40% nella maggioranza delle regioni. Negli U.S.A. la prevalenza è particolarmente alta (49%) nelle donne di razza nera ed è pari al 44% tra le donne della Penisola del Capo in Sud Africa.
L’obesità e il diabete, in particolare il diabete di tipo 2, sono fortemente associate: entrambe sono patologie croniche, entrambe riflettono le interazioni tra genotipo, ossia il patrimonio genetico, l’ambiente; ambedue sono malattie poligeniche, in cui sono presenti vari geni alterati.
L’accumulo di massa grassa, che porta al sovrappeso e all’obesità, si verifica quando l’energia consumata è inferiore alle calorie  introdotte. È proprio per questo motivo che è universalmente riconosciuta l’importanza di un introito calorico adeguato (dieta) e di una proporzionata spesa energetica in termini di esercizio fisico. Obesità e sovrappeso possono, quindi, verificarsi sia per un’esagerata introduzione di calorie sia per un diminuito consumo, tanto più che molti studi indicano come l’assunzione di cibo e la spesa energetica siano accoppiate in modo tale da mantenere un livello di scorte energetiche costante. Un’eccessiva alimentazione può verificarsi per abitudini socioculturali erronee, per patologie concomitanti (es. depressione) e per azione di alcuni farmaci che possono avere effetti sul centro dell’appetito stimolandolo (es. alcuni antiepilettici). Un diminuito consumo energetico si può invece verificare per diminuzione dell’attività fisica, per diminuzione del consumo energetico basale o per modificazioni della termogenesi, per patologie concomitanti interferenti con il metabolismo  (es. ipotiroidismo) e per effetto di farmaci. Nello sviluppo dell’obesità molti sono i fattori coinvolti: influenze genetiche, meccanismi nervosi (azione sui centri regolatori dell’appetito da parte di noradrenalina, serotonina, dopamina, CCK, oppiacei endogeni, bombesina ed altri neurotrasmettitori), ormonali (TRH, ipercortisolismo, ridotta secrezione e azione del GH, iperinsulinemia, leptina…), metabolici (difetti enzimatici a vari livelli) e influenze ambientali con fattori nutrizionali (nutrizione materna durante la gravidanza, nutrizione durante l’infanzia e l’adolescenza…), psicologici, socioeconomici… agenti da soli o in combinazione.
L’associazione dell’obesità con il diabete di tipo 2 è riconosciuta e molto frequente: molti individui non diabetici ma con ridotta tolleranza ai carboidrati (considerata condizione di pre-diabete) sono obesi e, inoltre, l’aumento di peso può far precipitare lo sviluppo del diabete mentre il dimagrimento comporta un miglioramento del metabolismo. La relazione tra obesità e diabete è però molto complessa. Il punto di contatto potrebbe essere rappresentato dalla presenza di una massa adiposa in eccesso con sviluppo di insulino-resistenza. Il ruolo dell’insulina prodotta dall’organismo è quello di regolare il metabolismo glucidico a livello cellulare e di ridurre la liposi (ossia lo scioglimento del tessuto adiposo) e nell’obesità è presente una certa resistenza dei tessuti all’azione dell’insulina, detta appunto insulino-resistenza. Molti ricercatori sostengono che la diabetogenicità dell’obesità sia proprio dovuta a questa insulino-resistenza con conseguente iperinsulinemia, sfiancamento delle beta-cellule pancreatiche che producono insulina e sviluppo di diabete, in concomitanza con una suscettibilità genetica al diabete. Tuttavia, in pazienti obesi con diabete di tipo 2, la restrizione calorica migliora l’iperglicemia prima che sia persa una significativa quantità di grasso corporeo, suggerendo che l’eccessivo introito calorico, piuttosto che l’aumento del grasso corporeo, possa essere importante. È anche interessante notare come la distribuzione del grasso sia importante, essendo l’adiposità centrale associata ad un maggior rischio di diabete. Quindi la fisiopatologia dell’obesità  e del diabete  è particolarmente complessa perché complesse sono le interazioni tra i vari fattori coinvolti nelle due patologie ma è certo che esiste una forte associazione tra le due e quindi è opportuno tenere in considerazione tutte le varie interazioni, sia per prevenire, sia per  ottenere miglioramenti di obesità e diabete.
Anche da un punto di vista  terapeutico è particolarmente importante agire sinergicamente su:
• una dieta che diminuisca la massa grassa e contemporaneamente migliori le glicemie;
• esercizio fisico che diminuisca la massa grassa, aumenti la massa magra, riduca l’insulino-resistenza e migliori i profili glicemici;
• supporto psicologico, importante sia nell’obesità che nel diabete.

È opportuno sottolineare come una dieta troppo rigida o priva di alcuni principi nutritivi e quindi sbilanciata non possa essere considerata un buon rimedio contro l’eccesso di peso e altrettanto un esercizio fisico eccessivo e non adeguato allo stato di salute generale della persona. È comunque però opportuno modificare il proprio stile di vita con un’alimentazione ed un’attività fisica equilibrati e costanti. Esistono, infine, numerosi farmaci che possono aiutare nel controllo del diabete (farmaci ipoglicemizzanti) sia nella regolazione dell’appetito (anoressizzanti) ed alcuni utili ad entrambi gli scopi, come la metformina, che ha anche l’effetto di ridurre l’insulino-resistenza. È però importante che la terapia farmacologica sia costantemente sotto controllo medico e che sia intrapresa solo dopo il fallimento della dieta, dell’esercizio fisico ed in ogni caso utilizzata in sinergia sia con la dieta sia con l’attività fisica.

 

Anna Lisa Montemari
Sergio Leotta
UU.OO. Dietologia, Diabetologia e Malattie Metaboliche
Ospedale Sandro Pertini
Roma

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